Peste europea e varroa

26.01.2014 20:39

Nell’editoriale del numero di dicembre 2013 di Apitalia ci eravamo complimentati con il ministero della Salute per la sua vicinanza alle esigenze del mondo apistico.
C’è stato un cambio di tendenza notevole: le Associazioni di settore sono state ascoltate e vedono  espresse alcune loro considerazioni. Apitalia che ha avuto nel Ministero un suo punto di riferimento ringrazia la dottoressa Gaetana Ferri, Direttore Generale, e Andrea Maroni Ponti, Referente del procedimento e gli II.ZZ.SS.
Un grazie anche a Sergio D’Agostino, Presidente A.N.A.I. e a Enrico Gualdani, Presidente Associazione Apicoltori Province Toscane, Arezzo. E ora? La parola agli apicoltori.
Leggete attentamente e fateci pervenire le vostre osservazioni

Massimo Ilari, Direttore Editoriale Apitalia

 

Il Regolamento di polizia veterinaria ha previsto agli articoli 154-158 misure per il controllo e sorveglianza di alcune malattie delle api inclusa la peste europea. Al fine di evitare molteplici interpretazioni e conseguenti interventi difformi sul territorio questa Direzione ha richiesto un parere al Centro di Referenza Nazionale per l’apicoltura per approfondire il significato di alcuni termini utilizzati nel Regolamento di Polizia veterinaria.
Ciò premesso, visto il parere del Centro di Referenza nazionale per l’apicoltura, si fa presente quanto segue.

  (La Dottoressa Gaetana Ferri, Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari.)

 

1) DEFINIZIONE DI “CASO” DI PESTE EUROPEA
Come è noto la definizione di “caso” risulta dirimente ai fini della denuncia all’Autorità sanitaria; a tal fine occorre rilevare che la peste europea è una  malattia condizionata, che di solito compare nel periodo primaverile e interessa pochi alveari dell’apiario a cui segue una regressione spontanea dei sintomi.
Tuttavia in particolari condizioni ambientali e in funzione di fattori ancora non ben conosciuti, come quelli di natura genetica, la malattia può assumere carattere epidemico, con interessamento di molti alveari nello stesso apiario, un più lungo ed altalenante decorso clinico e possibili ricadute accompagnate
a riacutizzazione dei sintomi clinici. Considerato però che nei primi stadi della malattia il decorso non è prevedibile si ritiene necessario un rapido intervento a fini preventivi. Sulla base di questa premessa si definisce “caso di peste europea” la conferma da parte del Veterinario ufficiale della presenza in apiario di
forme cliniche tipiche di malattia (presenza contestuale di covata a mosaico, presenza di larve morte in celle non ancora opercolate di colore opaco
grigio, giallo o marrone, covata con odore acido o di putrefazione a seconda dei germi opportunisti che si associano a Melissoccoccus plutonius,
batterio non sporigeno, agente eziologico della peste europea). Nei casi clinicamente dubbi il veterinario ufficiale, per supportare la conferma clinica, dovrà avvalersi di kit di campo o del supporto diagnostico degli II.ZZ.SS (esame colturale eventualmente seguito da indagini molecolari) mentre nei casi di sospetto evidenziati a seguito di segnalazione clinica o sulla base di referti di prove di laboratorio che confermino l’isolamento di Melissococcus plutonius, dovrà effettuare un sopralluogo in apiario al fine di confermare o escludere la presenza di forme cliniche di malattia.

2) APPLICAZIONE “ZONA DI SOSPETTO DI 3 KM DI RAGGIO”
La peste europea è malattia condizionata e spesso strettamente connessa alle condizioni ecoambientali di una determinata zona anche di limitate dimensioni.
Per tale motivo si ritiene che i controlli debbano esser effettuati prioritariamente negli apiari in stretta vicinanza con il focolaio primario e negli apiari in cui l’indagine epidemiologica abbia evidenziato connessioni a rischio.

3) TRATTAMENTO DELLE “ARNIE INFETTE”
Questo termine è da intendersi come “trattamento degli alveari” nel focolaio e non delle “arnie”. A tale riguardo si fa presente che allo stato attuale non
sono disponibili farmaci autorizzati per il trattamento di tale malattia.

 

 

D)DISTRUZIONE DELLE “ARNIE INFETTE”
Con questo termine si deve intendere l’eventuale ricorso alla distruzione degli “alveari” presenti nel focolaio e non delle “arnie”. Ai fini della applicazione
delle misure di distruzione il veterinario ufficiale può, ricorrere a una delle seguenti opzioni:
a) distruzione delle famiglie non più vitali e di quelle che presentano un quadro clinico gravemente compromesso tale da far ritenere al veterinario ufficiale un loro improbabile successivo recupero.
Per le altre famiglie con sintomi clinici ma non compromesse deve essere effettuata la messa a sciame (eliminazione dei favi del nido) associata a:
- sostituzione della regina,
- aggiunta di api adulte provenienti da famiglie sane,
- appropriata nutrizione da realizzarsi su famiglie con sintomi in forma lieve,
- altre pratiche apistiche ritenute dal veterinario ufficiale efficaci per il superamento della malattia.
Nell’apiario in cui saranno adottate tali pratiche il sequestro dovrà durare almeno 9 giorni e comunque il tempo strettamente necessario per consentire la verifica da parte del veterinario Ufficiale che negli alveari “con messa a sciame” non vi siano sintomi clinici di malattia nelle larve nate dopo la ripresa della deposizione da parte della regina. Qualora i sintomi clinici dovessero persistere, il sequestro dovrà essere mantenuto fino alla scomparsa dei sintomi clinici.

b) distruzione di tutte le famiglie che presentano sintomi clinici tipici di malattia su richiesta dell’apicoltore.
Qualora si adotti l’opzione b) la misura del sequestro viene revocata una volta effettuata la distruzione delle famiglie.
Si coglie infine l’occasione per fornire ulteriori precisazioni in merito a quanto già espresso con la nota 13975-P-12/07/2013 concernente “indicazioni operative riguardanti l’applicazione della O.M. 17 febbraio 1995 recante norme per la profilassi della varroasi”.
A tale proposito con detta nota è stato definito come “caso di varroasi” la presenza di forme cliniche caratterizzate dalla contestuale presenza di api con
varroe in fase foretica, ali deformi e addome piccolo etc.
Occorre però precisare che dette forme cliniche devono essere accompagnate da segni di gravità tali da mettere a rischio la sopravvivenza delle famiglie,
nonché essere causa di reinfestazione degli apiari circostanti. Ciò è particolarmente vero negli apiari dove i trattamenti antivarroa non sono stati eseguiti
da parte dell’apicoltore ovvero dove questi pur essendo stati effettuati non hanno conseguito la dovuta efficacia.
Ciò premesso nel processo decisionale finalizzato all’adozione o meno delle misure previste dalla OM 17 febbraio 1995 il veterinario ufficiale dovrà tener conto non solo degli esiti dell’esame clinico con particolare riferimento alla gravità clinica dell’infestazione, ma effettuare anche una valutazione più complessiva sulle modalità di implementazione di tutte le misure di contrasto a questa parassitosi da parte dell’apicoltore.
Si ringrazia per la collaborazione e si resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento necessario.

Apitalia 1_14 -Peste Europea e Varroa.pdf (759481) (Scarica l'articolo in versione PDF)

 

 

 

Gaetana Ferri
Direttore Generale
della Sanità Animale
e dei Farmaci Veterinari